ABC

Ambleti, o omleti, o palačinke, o ...
A
Acqua de spina: acqua di rubinetto, essendo "spina" il rubinetto (Alberto Bertolini)

Ai bai: parte dell'intraducibile filastrocca "Ai bai tu mi stai, tie mie compagnie, tamirachi, tichetachi, tu li lem blem blu". Veniva utilizzato per decidere a chi toccava "stare sotto", in preparazione di gare di nascondino o toch. Segnalato da: Anna Bernardelli

Aide: andiamo (Giorgia Sallustio), vocabolo di origine slovena.

Alba: barlume di idea → "No go alba" = non ne ho la più pallida idea (Marina Ipavec Veg)

Amblet: crêpes, anche detti omblet, hommeblet, ombletti, omlett, omlet/omleti (Elisabetta SbisàPaolo Mileta). Il termine sloveno, conosciuto ed usato in tutta Gorizia, è palačinka. Secondo Wikipedia l'origine della palačinka è ungherese (palacsinta).

Àmoli: prugne o susine (Michele Bertoni).

Anda: atteggiamento, andatura → "Vara che anda che el ga!" (Aldo Pastrovicchio)

Àndito: corridoio → "Metti la valigia in àndito per il momento" (Aldo Pastrovicchio)

Androga (segnalato da: Alessandro Spoonboy Hoban)
Androga: alborella, pesciolino d'acqua dolce ormai scomparso dall'isontino (Alessandro Spoonboy Hoban)

Apalto: Rivendita di tabacchi, tabacchino (Elena Candi)

Ara ti: espressione di meraviglia, traducibile con "Guarda tu". Esiste anche la versione "Vara ti!"

Armelin: albicocca, → "gnochi de armelini" cioè gnocchi di patate con ripieno di albicocca, variante degli "gnochi de susini". (Ilaria Tassini)

Asià: spinarolo, piccolo squalo dalle carni pregiate (Luisa Bettiol)

Atomica: pentola a pressione (Alberto Bertolini)

Auff: sveglia, muoviti. In genere usato dai genitori nei confronti di figli particolarmente addormentati o pigri. Segnalato da: Cinzia Grusovin

Auf: gratis, perché A.U.F. corrisponde a "ad usum fabricae", i mattoni della fabbrica del Duomo di Milano erano esenti da tasse. I mattoni marchiati non pagavano il dazio (Anna Benardelli)

B
Babàu: uomo nero, usato per spaventare i bambini cattivi (Lory XDoor Persoglia)
Bàcolo: scarafaggio o blatta. (Anna Benardelli). Diversi modi di dire hanno per protagonisti i bàcoli: "te gira i bacoli?" significa "sei ammattito, forse?" (Michela Pecora), "son nero come un bàcolo" ovvero "sono molto arrabbiato" (Alessandro Basso De Marc)

Bala: pallone (ad es. per il gioco del calcio), ubriacatura (Marina Ipavec Veg)

Bàlin: (de sc'iopo) palla di fucile → "come un balin de sciopo" = "veloce come una palla di fucile", "il xè rivà come un balin de sci'opo" (Claudio Melada). Anche""e son fora de balin" = "sei fuori di testa" (Giulia Ventin) e "eser giù de balin" = "abbacchiato, triste" (Giorgio Santarossa).

Balìsta: persona avvezza a raccontare frottole, ovvero "bale" (Franco Fabris)
Balordo: stato psicofisico che preannuncia un immediata influenza rafforzato da "oci de sepa" ovvero "te vedo balordo, te ga i oci de sepa", "te son balordo te covi qualcosa" (Elis Pantarotto)

Balòti: sassi rotondeggianti che normalmente venivano lanciati nelle acque dell'Isonzo (David Cej)

Bartuèla: cerniera, indicare una persona poco coerente, che cambia idea spesso (Elisabetta Simone)

L'isola di Barbana nella laguna di Grado (GO)
Barbana: isoletta della laguna di Grado, sede di un convento del XIII secolo, si usa per indicare un luogo remoto dove vivere in reclusione. Si usava per dire "è un po' che non ti si vede, eri via?" → "Ciò dove te son anda' a finir? A Barbana?(Andrea Di Mauro)

Barufante: attaccabrighe (Mauro Fluent Interface)

Bàtter Sant'Anna: modo di dire per significare "te ga fame?" → "Bati Sant'Anna ah?". Probabilmente riferito alle campane dela chiesa di Sant'Anna, che "le bati" (suonano) all'ora de pranzo (Valentina Cervi)

Bazilàr [batsi'lar]: lamentarsi, battibeccare (Michele Bertoni). Può essere usato anche nel senso di "no sta bazilar" = "lascia perdere, non preoccuparti".

Bibièz: trattasi di lavoro molto complicato, che richiede molta pazienza e tempo - "malorsiga, sta roba xe un bibièz tremendo!" (Michela Pecora)

Bianco: usato nella frase "gò pagà un bianco e un nero" significa aver speso poco per un acquisto.
Biechi

Biava: "Ciapar biava" ovvero "Sconfitta bruciante in una gara sportiva" (Andrea Pavano)

Bieco: toppa adesive che si usava per riparare le camere d'aria delle biciclette (Michele Bertoni). La parola definisce anche un tipo di pasta simile ai maltagliati (Stefano Crismani )

Bigàdo: bocciato, a scuola oppure all'esame di guida per la patente, effettuato presso l'autoscuola Filippucci o Michelon (Manuel Medeot)

Biondo: modo per rivolgersi ad una persona, in modo moderatamente minaccioso "Ciò biondo, cos' te combini" = "Hey tu, cosa stai facendo" (Stefano Crismani)

Biròc
Biròc: carretto → "Menar el biròc" = "trainare il carretto". Per estensione può definire una vettura in cattive condizioni (dispregiativo, ma non troppo) → "Che biroc de machina che te ga!" (hanno collaborato: Giampaolo De Carlo, Giampaolo De Carlo, Alessandro Ortalli, Claudio Melada, Valentina Cervi, Maurizio Martellani)

Blec: espressione che prelude il pianto, labbro inferiore sporgente, faccia triste, tipico nei bambini. (Elisabetta Picotti)

Blede
Bleda: bietola → "Magnè blede, fioi, che ve fa ben!" (Luisa Bettiol). Si usa anche per definire un'aspetto fisico (di persona) non al meglio "Te son proprio una bleda lessa" (Aldo Pastrovicchio)

Bon: interiezione usata in vari modi nei discorsi, tra cui esprimere o richiedere conferma, per chiudere un argomento e passare a un altro, per sottolineare la positività di qualcosa, per indicare la conclusione di qualcosa  (Mauro Fluent Interface)

Bon bon: rafforza il significato di bon, nel senso di maggior approvazione o di sottolineare la positività (bontà) di una cosa (Mauro Fluent Interface)

Botega: cerniera dei pantaloni → "Varda che te ga la bottega [delle braghe] verta!" (Luisa Bettiol, Islanda Mariapia)

Botegher: commesso di bottega. "La me daghi un eto de morta" ovvero "[bottegaio] mi dia un etto di mortadella" (Umberto Battara)

Braghe: pantaloni, spesso usato nel seguent modo di dire "Te son in braghe de tela" ovvero "Sono inpantaloni di tela", per indicare che la propria situazione finanziaria non è tra le più floride (Marina Ipavec Veg)

Brincàr: acchiappare. "Se te brinco, te facio nero" se ti acchiappo, di do una sonora lezione (Giorgio Santarossa)

Brìtola: coltello a serramanico (Marina Ipavec Veg, Livia Spessot)

Brùsco: brufolo. "Te son pien de brùschi" = "sei pieno di brufoli". Si usa anche per bruscolino → "Gò un brusco tal ocio" = ho un bruscolino nell'occhio. (Giorgio Santarossa)

Bubez: fattorino, apprendista, garzone, galoppino, si dice di persona alla quale si fanno svolgere lavori di poco conto o quelli che non si hanno voglia di fare "Cossa son il bubez de turno?" (Alessandro Spoonboy Hoban, Sara Petri)

Bucalin: vasetto dei bambini (Ele Toty Crasselli)

Budel: camera d'aria o persona grassa spreg. → "Te son un budel" (Roberto Sirok)

Bugna: irregolarità, bitorzolo, bernoccolo "Quel mona in bicicleta me ga lassà una bugna ta la portiera della macchina", "vara che se te sbati la testa te vien fora la bugna" (Grazia Modolo MagaMagò, David Cej, Giorgia Libero)

Bugnigolo: ombelico (Giorgia Sallustio)

Buligàr: Verbo, fastidioso rumore dello stomaco dovuto ad appetito → "Me buliga la panza." (Paolo Bauzon)
Bumbàdo: ubriaco → "Ieri sera el iera bumbàdo" (Elisabetta Sbisà)

Burèla: carretto a due ruote, ad esempio quello usato dagli "scovazzini" (Grazia Modolo MagaMagò, Carmine Gatta)

Busta: letto → "Vado in busta" = "Vado a letto, vado a dormire" (Alessandro Ortalli)

Butàr: buttare, ma assume significato di offrire (da bere) nella frase idiomatica "Chi buta de bevèr?" (Paolo Blasig)

Brivez: barbiere (Daniele Orzan)

C
Ciapìn

Cabibo o cabibbo: spreg. meridionale (Michela Pecora)

Cadìn: bacinella (Flavia Turel)

Cagà: inguaiato, da cui la celeberrima frae "caro Cogoi, semo cagai". Apparentemente Cogoi era il nome di un macellaio situato presso il mercato di Gorizia. (Valentina Calicchio)

Cagadòr: WC (Alessandro Ortalli)

Cagòia: lumaca, anche in senso figurato "Te son lento come una cagòia" (Roberto Sirok)

Caligher: calzolaio (Livia Spessot)

Calipàr: fumare. "Te son sempre lì che te calipi!" = "Sei sempre lì a fumare" (Andrea Di Mauro)

Calmina: pastiglia → "ciolte una calmina pe il mal de testa" (Aldo Pastrovicchio)

Canarino: varietà di radicchio di colore giallo con venature rosa e bianche, una vera specialità locale (Luisa Bettiol)

Canòn: prigione, galera  (Andrea Di Mauro)

Capellare o scapellare: sbagliare → "Go capellà de brutto nel compito in classe" (Giulia Ventin)

Cassiul (anche cassiol, o caziol): mestolo (Elisabetta Sbisà )

Castròn: letteralmente indica un maschio di animale castrato, viene usato per definire una persona che è un incapace (Elisa Zorn)

Cazobobolo: Termine ampiamente usato da tutta quella generazione nata attorno al 1900, si usa per definire una persona sciocca e spesso presuntuosa → "Te son proprio un cazobobolo" (Gianluca Dante Bonetti)

Ceranda (foto: Michela Pecora)
Ceranda: fitta vegetazione intricata e generalmente spinosa, frequente lungo le strade ed i fossati, spesso obiettivo indesiderato di cadute con esiti rovinosi. Si rivela invece molto utile in caso di impellenti necessità fisiologiche nel corso di giterelle fuori porta. "Dove il xe andado?" "drio la ceranda..." (Michela Pecora)

Cheba: gabbia, la gabbietta degli uccelli, prigione forse dal tedesco kaefig (Gianfranco Micolino et al.)

Ciàcolar: chiacchierare, "far una ciaccolada" = "una chiacchierata" (Valentina Calicchio)

Ciapìn: molletta da bucato (Grazia Modolo MagaMagò), analogamente a s'cipauca. Usato anche per chiamare le presine che evitano di scottarsi le dita con le pentole troppo calde (Alessandra Vuga)

Ciavàrse [ʧa'varse]: fregare, usato nella frase "No me ciava gnente" ovvero "me ne frego", oppure "te me gà ciavà", che significa "mi hai fregato"  (Alessandro Basso De Marc). Ciavàr, invece, è sinonimo di "guàr", significato (3).

Cicia: "Fa cicia qua" = "Siedi qua" (Cinzia Vidoz). Può significare anche peccato o pazienza, ad esempio nella frase "Te ga roto un piato? Bon cicia, dai" (Aldo Pastrovicchio)

Cimberli o zimberli: ubriaco, alticcio "con due biceri son gia in ciberli" (Aldo Pastrovicchio)

Cingùm [ʧin'gum] gomma da masticare, dall'inglese chewing gum

Ciò: rafforzativo per atirare l'attenzione dell'interlocutore o degli interlocutori. Ad esempio: "Ciò mùli" prima di rivolgersi ad una "clapa".

Ciospo o ciospo: persona non troppo carina o trasandata (Gloria Favaro)

Cipsa: contenitore tipico degli arredi sacri, a guisa di sacchetto sorretto da asta di legno, o più modernamente busta in cuoio, atto a raccogliere le offerte dei fedeli all'offertorio. La cipsa era portata in giro dal nònzolo - "Ocio che riva il nonzolo co la cipsa!" (Michela Pecora)

Cisbo: persona caratterizzata da difetti visivi da cui deriva goffaggine nei comportamenti o distrazione. Ad esempio: "Cos te son, cisbo?!" (Michele Bertoni).

Cisto: pulito, dallo sloveno čisto, nel senso di "senza soldi" → "Son restà cisto sto mese..." (Eleonora Toty Crasselli)

Clapa: gruppo di amici (Antonella De Zorzi)

Clepi: sassi, in genere raccolti sulle rive dell'Isonzo (Alessandro Spoonboy Hoban).

Clopar: dare segni di stanchezza, "Lo go visto che cominciava a clopar già verso le 10.." "Al ritorno, dopo quela caminada, me clopava le gambe" (Claudio Stacchi)

Codumàr: distruggere, riempire di botte. "Te codumo" = "ti distruggo" Michele Bertoni.

Clanfa (Foto: Maurizio Martellani)
Cògoma o cucuma: caffettiera (Emanuela Venier, Giulia Ventin)

Combinè: sottoveste (Marisa Plesnicar).

Clanfa: chiodo a U, usato per tenere insieme delle travi (David Cej) "con le clanfe te podevi far anche i scalini per andar su per l'albero" Viene usato anche per definire un tipo di tuffo che provoca alti schizzi e ilarità fra gli astanti, molto in voga presso la gioventù triestina (a Trieste esistono diverse competizioni per "clanfisti"). Un'ulteriore accezione del termine clanfa è "naso importante" (Giorgio Santarossa)

Clinz, anche klinz ['klints]: secondo David Cej vuol dire "piolo" in sloveno, fatto sta che si usa con significato di "null" o "niente" nell'espressione "No te capissi un clinz", che significa "Non capisci nulla" (Paola Tegon) oppure "No val un klinz" (Alessandro Spoonboy Hoban)

Cluca: maniglia della porta (Alessandra Sandrigo), dallo sloveno. Si può usare anche durante la potatura delle viti per indicare una parte legnosa contorta (Anna Benardelli).

Macchina per cucire, usata per giustar
le còtole dalle nonne goriziane (foto: Alida Cantarut)
Cófe: per indicare una persona stordita o rimbambita... "Ara! Ma cos' te son cófe!!!", ovvero "Guarda [cosa stai facendo], ma sei matto?" (Elis Pantarotto)

Cop: mestolo (Grazia Modolo MagaMagò)

Còtola: gonna. "Nona, giustime la còtola" ovvero "Nonna, accorciami la gonna/fai l'orlo alla mia gonna" (Alida Cantarut)

Cragna [kra'ɲɲa]: sporco, sporcizia, ma in senso figurato definisce anche cose brutte, schifose o di poco valore "Quel film iera una cragna" (Michele Bertoni). Da non confondere con "cragno".

Cragno [kra'ɲɲo]: salciccia slovena preparata con parti della testa del maiale (Piero Ballaben), da "salsicce di Kranji", cittadina in Slovenia (Luisa Bettiol)

Cródiga: strato di pelle dura (cotica), pellaccia, anche usato per definire persona sgradevole → "Te son una bona crodiga", "Stasera se magna minestra con le crodighe" (Alessandro Ortalli). Si usa per definire tirchia una persona → "Te son una crodiga!"

Cùcherle (foto: Fulvia Vogric)
Crustàr: rosicchiare, mangiare. "'Dèmo a crustàr qualcosa." vuol dire "Andiamo ad espletare l'istinto fisiologico del doversi nutrire" (Giorgio Santarossa). Secondo Michela Pecora il "mandolato" (da "mandorlato") si "crusta".

Cùc, cùcada: sguardo guardare qualcosa → "Dopo vado a darghe una cùcada" (Alessandro Ortalli)

Cudoli o cudui: larve di mosca (Anna Benardelli)

Chùcherle o kùkerle: spioncino della porta → "Prima de verzer la porta, varda sempre tal cùcherle" (David Cej)

Cudic [ku'diʧ]: diavolo, probabilmente dallo sloveno (Alida Cantarut)

Cuguluf
Cuguluf: dolce di origine germanica, originariamente Gugelhupf o Kouglof (Roberto Sirok)

Cunicio o cunic: coniglio (Elisa Hoban)

Cùrta: sigaretta quasi alla fine → "Lasime la curta che ghe dago giusto due tiri" (Alessandro Ortalli)

7 commenti:

  1. non si scrive clepi che non significa nullla ma si scrive clap se 1 sasso claps se piu' sassi

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    1. Anch'io, nei miei trascorsi goriziani, ho usato "clepi" nel modo indicato da @Rita, @Piero!

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    2. clepi lo usava eccome e deriva da claps (friulano) tanto è vero che ci sono un sacco di toponomastici in friuli e carnia che riportano alla parola. E' una di quelle parole di chiara derivazione , come molte nel dialetto goriziano. Sinonimi sono grembani, balotti

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  2. clepi era usato in plurale il singolare è clepo ( te tiro un clepo ) ;mentre clap e claps è in lingua friulana

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    1. Anch'io, nei miei trascorsi goriziani, ho usato "clepi" in questo modo, @Rita!

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  3. Risposte
    1. @Alessandro, per segnalare nuovi vocaboli utilizza il gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/gorizionario/
      Grazie!

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